La business intelligence nel mondo del vino

La business intelligence nel mondo del vino
Articolo di : Luca Castagnetti

Gli imprenditori del mercato del vino, ma non solo, per definire le scelte strategiche della loro azienda si lasciano guidare spesso semplicemente dal loro intuito e dalla loro esperienza.  Tuttavia, l’incertezza del momento e mercati sempre più competitivi richiedono oggi risposte veloci, con scarsissimo margine di errore e misurabili: si parla sempre più di aziende data-driven dove sono i dati appunto a guidare le scelte strategiche delle aziende. Vediamo in questo articolo perché i dati sono sempre più importanti per misurare le performance aziendali e come i software di Business Intelligence possano guidare un imprenditore nelle sue scelte.
 
Indice dei contenuti:

Conosci davvero i dati della tua cantina?
ICT e Big Data: il contesto attuale
Dal software al risultato, ovvero ciò di cui hai bisogno per definire la tua strategia. 
Migliora ciò che puoi misurare: che cosa significa essere un’impresa data-driven. 
 
 
Conosci davvero i dati della tua cantina?
Quanto è stato l’aumento di fatturato sui mercati UE nell’ultimo anno?, Quanti clienti formano l’80% del tuo fatturato e quanti il restante 20%?, Conosci la redditività dei tuoi canali di vendita?, Qual è il tuo agente che ti fa marginare di più? Potrei continuare nella lista delle domande che rivolgo a imprenditori, anche di successo, che purtroppo trovano spesso risposte evasive e poco documentate.
Due considerazioni:
Se questi imprenditori sono arrivati fin qui evidentemente non sono stati i “numeri” a procurare il loro successo: produrre e vendere vino è, infatti, un affare alquanto complicato che richiede capacità, intuito, arte, capitali e anche un po' di fortuna.
Se però vogliono restare su un mercato sempre più incerto e competitivo, se intendono riprendersi le posizioni rimaste ferme a causa del lockdown, se vogliono motivare, orientare e monitorare il lavoro dei loro collaboratori per crescere sui mercati nazionali e internazionali, non possono affidarsi al solo intuito e alla conoscenza implicita della loro azienda, ma la devono conoscere, monitorare e misurare in tutti gli aspetti più sensibili e strategici che possono determinarne il successo. 
 
ICT e Big Data: il contesto attuale.
Tutti noi abbiamo avuto la sventura di metterci a dieta almeno una volta nella vita e verificare come la bilancia sia stata un insostituibile motivatore nel fare la fatica che la dieta comporta. Nelle aziende accade la stessa cosa: solo un controllo serrato e frequente rende abitudine il confronto e la messa a fuoco dei problemi permettendo così un più efficacie processo decisionale.
“Osservare, conoscere e prendere decisioni”: sono queste le attività dei leader di oggi. Oggi si usa l’espressione essere “data-driven”, cioè farsi guidare dai dati nelle scelte. Oggi i manager di successo per compiere scelte performanti, in tempi rapidi e con margini di errore sempre più contenuti, ricorrono all’analisi dei dati. Scopriamo insieme come e perché.
La scienza matematica trova applicazione pratica sempre più frequente nelle tecniche statistiche. Negli ultimi 50 anni sono innumerevoli i progressi compiuti nello sviluppo di modelli di analisi dati dalle crescenti performance. La tecnologia informatica (ICT) sviluppa gran parte dei propri software su algoritmi matematico-statistici. Un algoritmo potremmo definirlo come un sistema complesso di calcolo, creato dall’uomo, con la stessa funzione di un motore per una macchina. Ed è proprio grazie all’informatica e alla diffusione di internet, che ci rende tutti connessi in rete ovunque 24 ore su 24, se oggi i dati hanno acquisito sempre maggiore rilevanza. 
Ad esempio: gran parte delle applicazioni dei nostri smartphone che offrono servizi di prossimità (come la ricerca di ristoranti, consegne a domicilio, l’auto-noleggio, i social network, i sistemi di navigazione, o di trading online, ecc.), si basano sui principi di clustering: metodi statistici in grado di produrre raggruppamenti tra elementi affini maggiori, permettendo il raggiungimento di una scelta ottimale, attraverso una ripetizione elevata del criterio di calcolo delle distanze che perfeziona l’output.
Il dilagare dell’importanza acquisita dai dati è dovuto all’ICT che creando facilitazioni per la nostra vita quotidiana, risponde a bisogni espliciti o latenti delle persone e quindi crea valore. Lo stesso motore di ricerca internet, ad esempio Google, si muove tenendo conto delle nostre preferenze (mediante i cookies). Lo stesso vale anche per i programmi tv offerti da Netflix ai propri utenti.  Ed è così che senza accorgerci moltissime scelte della nostra vita quotidiana si compiono interagendo continuamente con una sorta di intelligenza artificiale che a volte sembra conoscerci meglio dei nostri stessi famigliari.
 
Dal software al risultato, ovvero ciò di cui hai bisogno per definire la tua strategia.
Ma come avviene questo processo?
L’informatica crea un software attraverso la programmazione di una struttura, dei collegamenti, del sistema di dialogo macchina-utente, della capacità di memoria e dell’algoritmo (cervello);
la tecnologia della rete internet collega ogni dispositivo agli altri (cellulari, computer, macchine, ecc);
ciascun dispositivo crea dati quantitativi (numeri) e qualitativi (parole);
così essi diventano grandi quantità di informazioni utilizzabili e disponibili: per questo sono stati creati potenti sistemi di archiviazione (server e cloud storage) per contenere questo crescente patrimonio informativo (big data);
a questo punto comincia a funzionare il cervello del software attraverso modelli statistici, attraverso algoritmi creati per ciascuna esigenza; il plus sta nella qualità dell’algoritmo che quando inizia a ragionare e a imparare dalle informazioni memorizzate, muovendosi tra i big data, diventa intelligenza artificiale.
Quindi alla fine otteniamo la risposta, il risultato, o quello che avevamo bisogno per decidere. 
E tutto questo avviene in pochi istanti. In altri termini è questo il segreto della famigerata digitalizzazione: è tutto alla portata di mano, istantaneo e digitabile.
 
Migliora ciò che puoi misurare: che cosa significa essere un’impresa data-driven
Ma cosa c’entra tutto questo col fare impresa? E come si applica in azienda?
Domanda intelligente: se la teoria non trova applicazione pratica non serve a molto. Abbiamo spiegato il processo che porta oggi a considerare i dati e la loro archiviazione di vitale importanza. Abbiamo capito che questo dipende dal fatto che gli evoluti algoritmi sono come cervelli matematico-statistici che muovono i software e producono risposte ai nostri bisogni in modo migliore se esistono sufficienti basi di dati (data base). Quindi è logico che le scelte aziendali, anche le più banali, un tempo guidate dall’esperienza, oggi abbiano solo bisogno di sufficienti data-base per rispondere efficacemente alla complessità del business moderno.
È sotto gli occhi di tutti: oggi non basta più essere bravi a produrre vino, bisogna produrre qualcosa che risponda alle esigenze di qualcuno (i clienti), bisogna farlo consumando meno risorse (costi), scegliendo la strada più veloce (tempi). Ed è così che la tecnologia, attraverso la digitalizzazione, l’automazione e l’intelligenza artificiale si affianca all’imprenditore per facilitarlo, per assisterlo e aiutarlo.
Dietro a una criticità in azienda c’è un’opportunità. La chiave di successo è fare la scelta giusta. Non la scelta approssimativa, lenta che diventa inevitabilmente sbagliata.
 
Per un’attività d’impresa data-driven sono quindi necessari:un software gestionale “integrato” in grado di rispondere alle esigenze gestionali, capace di registrare le informazioni aziendali cruciali (contabilità, acquisti, produzione, commerciale, …);
sistemi di collegamento alla rete veloci;
sistemi di archiviazione dati (server o cloud);
software di business intelligence per estrarre e rielaborare velocemente e sistematicamente le informazioni necessarie a compiere scelte gestionali importanti.

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